19 giugno 2013

LA MAGICA NOTTE DI SAN GIOVANNI: TRA LEGGENDE, MISTERI E STORIA. UNO DEI MOMENTI PIU’ ATTESI IN TUTTO IL PARMENSE




di Paolo Panni


Con l’avvio dell’estate si ripresenta puntuale, secondo il calendario cristiano, una delle feste più attese e sentite: quella di San Giovanni Battista, del 23 giugno. Una “notte magica”: magica in tutti i sensi, perché leggenda, mistero e storia si fanno largo, in tutto il Parmense, dalla Bassa alla montagna. Un evento che lega la terra emiliana a tante altre province e regioni italiane.

 



E’ usanza, in tutta la provincia di Parma, attendere la rugiada gustando i famosi tortelli d’erbette. Ed a proposito di erbe ed erbette, una su tutte, quella a cui sono legati non pochi aspetti leggendari e misteriosi è l’erba di San Giovanni, detta anche iperico ma anche “cacciadiavoli” (e per i cultori del mistero già questa è una denominazione in grado, senza dubbio, di cogliere l’attenzione). Nome scientifico Hypericum perforatum, era la pianta utilizzata per curare le ferite, usata dai Cavalieri di Gerusalemme, che secondo la “dottrina dei segni” utilizzavano piante dalla forma simile alle infermità da guarire. Era anche l’erba che nell’antichità scacciava gli spiriti del male e che ancora oggi è portatrice di buonumore, grazie ad una sostanza attiva che in Germania è tra gli antidepressivi più prescritti.





Abbiamo deciso di approfondire l’argomento parlandone insieme ad Angela Zaffignani, giornalista parmigiana, della Società Italiana di Birdgarden che, ben volentieri, ha accettato di affrontare questi argomenti.



Partendo appunto dall’Iperico, o erba di S.Giovanni o cacciadiavoli, ha spiegato che: “Durante le crociate, i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme erano soliti curare le ferite dei combattenti con questa pianta. Lo facevano basandosi sulla “dottrina dei segni”, secondo cui le infermità d’una qualsiasi parte del corpo possono essere curate con una pianta che di quella parte riproponga la forma. H.perforatum non sembra somigliare esteriormente a nessun organo del corpo umano: se, però, si osserva una della sue foglie controluce, essa apparirà costellata di ghiandole trasparenti simili a perforazioni, cioè a “ferite”. Secondo la citata “dottrina”, poiché la foglia sembrava perforata, poteva curare le ferite, specie quelle riportate in battaglia.
H.perforatum era ritenuto utile anche per scacciare i demoni e gli spiriti del male. Nel Medioevo, veniva appeso alle finestre e sulle porte per impedire a Satana e ai suoi emissari di penetrare nelle case. Quando una donna si riteneva impossessata dal demonio, e quando nemmeno le preghiere degli esorcisti erano riuscite a liberarla, non doveva far altro che mettersi in seno alcune foglie della pianta e sparpagliarne altre nella sua abitazione.
Diversamente da H.humifusum, H perforatum non predilige i terreni ricchi di calcare.
L’ Hypericum perforatum, più noto col nome popolare di “erba di San Giovanni” perché i suoi fiori giallo-oro sbocciano a fine di giugno in coincidenza con la festa del santo, contiene una sostanza attiva, l’ipericina, che ha un’azione psicoattiva di rasserenamento dell’umore. Indicato esclusivamente, l’hypericum agisce a livello cerebrale in modo simile ai più diffusi farmaci antidepressivi di sintesi, rallentando la distruzione di alcuni neurotrasmettitori, tra cui la serotonina e dopamina. In Germania, dove la fitoterapia è particolarmente seguita, oggi l’erba di San Giovanni è l’antidepressivo più prescritto, e anche negli Stati Unito si va diffondendo a macchia d’olio, aiutata dal fatto che è in vendita come prodotto da banco senza ricetta”.




L’occasione, come evidenziato fin dall’inizio, è quella della “notte magica” di San Giovanni, il Battista. A riguardo, Angela Zaffignani ha iniziato il suo approfondimento con questa citazione:

“Un essere umano era disteso per terra, con lunghissimi capelli che si confondevano con il pelo quasi animale che ricopriva la sua schiena”. “Così – ricorda - Gustave Flaubert descrive in Erodiade, uno ei suoi racconti, a toni crudi e realistici, la figura del Battista, prigioniero di Erode. Egli sfinito dagli stenti e dalla sofferenza, non ha più nulla di umano, tuttavia continua a possedere una grande forza interiore, dovuta alla fede immensa, la stessa che , più avanti , gli fa gridare: “Siate maledetti Farisei e Sadducei, razza di vipere, otri gonfiati, sonagli chiassosi…” In effetti lo scrittore trasse ispirazione da ciò che è scritto nei Vangeli, per far di Giovanni una delle figure più drammatiche della sua opera.
Giovanni, cugino di Gesù, è detto il precursore per la sua vita spesa a preparare la venuta del figlio di Dio, annunziata dalla profezia. La sua nascita ha del miracoloso poiché ebbe luogo dopo che l’Angelo Gabriele l’annunziò ad Elisabetta, cugina della Madonna ed a Zaccaria , sacerdote del tempio, troppo anziano per divenire padre.
Da adulto Giovanni visse una vita raminga, di stenti, digiuni e preghiera. Si tramanda che, vestito di pelli di cammello, tenute insieme da una ruvida corda, si cibasse di locuste e si scagliasse con voce tonante contro gli infedeli, battezzando i convertiti sulla riva del Giordano. Qui attese Gesù che, partito da Nazareth, fu da lui battezzato; continuò poi la sua opera sino a quando fu fatto prigioniero da Erode su istigazione della convivente, Erodiade, moglie del fratello. Questa, condannata pubblicamente assieme al marito dalle invettive del Santo, fece chiedere la sua testa dalla figlia Salomè, che aveva irretito il vecchio sovrano con danze lascive; così cadde la testa del Battista portata in trionfo su di un piatto d’argento sulla mensa dei potenti.
Figura centrale nella storia del Cristianesimo, San Giovanni è rappresentato da una ricca iconografia: Andrea del Sarto (1486-1531), 10 scene della vita; Filippo Lippi (1406-1469), affreschi del coro del duomo di Prato; Grunewald (1475-1528), nel museo di Colmar; Correggio (1494-1534) in San Giovanni di Parma. Il culto del Santo, il cui nome in ebraico in ebraico significa “a Dio propizio”, è molto diffuso in tutta Europa ma soprattutto in Italia, dove è patrono di Parma, Torino, Genova e Firenze.

La sua festa cade il 24 giugno, giorno magico, destinato sin dall’antichità a riti esoterici, forse perché coincide con il solstizio d’estate. Proprio in un’epoca lontana va ricercata l’usanza che vede la notte tra il 23 ed il 24 “la notte delle streghe”.

Nelle campagne piemontesi, lombarde ed emiliane, molti erano i riti propiziatori, caduti ormai in disuso; ad esempio i sacerdoti in Piemonte solevano benedire i fuochi accesi dai contadini, immagine del sole, atti a propiziare i raccolti e la buona salute. Di tale vecchia e suggestiva tradizione troviamo tracce anche nella letteratura, come nella famosa opera letteraria di Cesare Pavese La luna e i falò. Altra credenza vuole che una talea di geranio legata ad un manico di scopa, strumento che accompagna sempre le streghe, esposta alla rugiada, fiorisca per tutta l’estate senza bisogno di terra o di acqua o che le noci tenere che servono per fare il nocino siano buone solo se colte la mattina del 24.

Comunemente si crede che la rugiada di San Giovanni faccio bene alla salute; lo credono soprattutto gli abitanti di Parma che usano fare le ore piccole in lunghe tavolate all’aperto, consumando i tortelli di erbette, annaffiati con abbondante malvasia bianca.

Molti sono i proverbi dialettali legati alla vita contadina del nostro paese, ricordiamone alcuni:

“Se piove al dì de San Zuane se suga le fontane” (Veneto); “Par San Giuàn as cave li sigòli e l’ai” (Bassa padana), “Chi compra ai dè d’San Zvan è pùvratt tot l’an” (Bologna).

San Giovanni, a ricordo della sua tragica morte, è invocato contro l’emicrania”.





Parlando di nuovo di erbe, e specificatamente di quelle dello stesso San Giovanni, Angela Zaffignani ha quindi evidenziato che:

“Secondo un’antica credenza nella notte del 21 (solstizio d’estate) la luna si sposa con il sole e da questo sposalizio si riversano energie benefiche sulla terra.
Secondo tutte le antiche tradizioni la notte tra il 23 e il 24 giugno tutte le piante e le erbe sulla terra vengono bagnate dalla rugiada del santo e intrise da una potenza nuova”.

Ecco l’elenco delle erbe di San Giovanni, messo a disposizione dalla stessa giornalista della Società Italiana Birdgarden:

1)  Artemisia (Aremisia vulgaris)
2)  Rosmarino (Rosmarinus officinalis) – rugiada del mare protegge dalla negatività
3)  Iperico (Hipericum perforatum) – ovvero “caccia diavoli
4)  Prezzemolo (Petroselinum sativum) – purifica e protegge
5)  Lavanda o spighetta (Lavandula officinalis) – la sua spiga èè considerata un amuleto che protegge da disgrazie, ossessioni e demoni
6)  Aglio (Allium sativum) – che respinge streghe e vampiri. Plinio la cita come guaritore di molti mali.
7)  Menta (Mentha spp.) – erba santa
8)  Ruta – detta anche “erba allegra” perché è un efficace talismano contro il maligno
9)  Verbena – simbolo di pace e di prosperità
10) Salvia – (Salvia officinalis) lingua vegetale

C’è poi “L’incantesimo delle noci”. “E’ proprio durante la Notte del 23 giugno – ricorda l’esperta giornalista - che si devono raccogliere dall’albero le noci dette appunto di San Giovanni.
L’utilizzo del mallo di noce come ingrediente per medicinali o liquori risale a tempi antichissimi, notizie sull’origine non sono però precise.

Si racconta che la ricetta sia di origine francese”

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La “Notte delle streghe” – di Giorgio Batini


La Noce di Benevento la discoteca delle streghe.


Dicono che fosse Diana a guidare veri e propri stormi di vecchie che a cavallo delle loro scope arrivavano in volo da tutto il mondo per ritrovarsi in una notte fatidica, quella del 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, e celebrare il gran sabba annuale.
Non è chiaro perché le streghe avessero scelto, in tutto il globo, proprio Benevento per il grande sabba, e cioè per il grandioso summit orgiastico ch celebravano la notte del sabato, festa di San Giovanni, ma si dice che riti pagani si svolgevano da tempo immemorabile sotto un grande noce esistente sulle rive del Sabatus quando la città campana si chiamava ancora Malavento.
I riti pagani continuarono a lungo, fino alle invasioni barbariche, ma dopo la caduta del regno longobardo quando il Cristianesimo prese il sopravvento in tutta la penisola, la pianta infernale fu abbattuta per ordine di un Vescovo, fu addirittura sradicata, e nel luogo dove sorgeva, fu alzato una specie di monticello. Però, così racconta la leggenda popolare, il noce di Benevento rinacque come niente fosse e tutto tornò come prima, a parte il cambiamento dei riti e la diversità degli ospiti, che non si celebravano più le orgie in nome degli dei dell’Olimpo, ma in omaggio al gran principe delle tenebre, il quale, fra l’altro, prendeva parte ai festini delle streghe, insieme alla sua corte di diavolacci.
Insomma anche le streghe e i demoni avevano il loro weekend non diversamente dagli uomini. Dopo una faticosa settimana di fatture, filtri, malocchi, incantesimi e sortilegi, le fattucchiere sentivano il bisogno di rilassarsi e di trascorrere un sabato notte di bagordi, bevendo, cantando e lanciandosi in danze sfrenate fino alle luci dell’alba quando risalivano sulle loro scope e sparivano in tutte le direzioni.
In un certo senso tutte le fattucchiere e i diavoli passavano la notte del sabato in discoteca, che in quel tempo lontano, e per i loro gusti, era il noce di Benevento. Che le autorità religiose cercarono di “chiudere”, ma che veniva continuamente, e magicamente, riaperto e che viveva la festa più straordinaria e affollata la notte del 24 giugno. (questo pezzo è tratto dal libro di Gorgio Batini “Le radici delle piante”)


SI RINGRAZIA ANGELA ZAFFIGNANI PER LA CORTESE COLLABORAZIONE


Fonti fotografiche

 
www.spicesmedicinalherbs.com

www.floracyberia.net

www.italianostra-milano.org



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